Intervista ad Obi: “Non voglio insegnare i temi che tratto, voglio far capire che li sento”

Obi Attimo

Obi è un rapper torinese classe 2001. Con la sua “Attimo”, si è aggiudicato il Premio Giuria Popolare e il Premio Indieffusione & Noise Symphony nella finale di Voci per la Libertà – Una canzone per Amnesty lo scorso 23 Luglio a Rovigo nella settimana dedicata ai Diritti Umani. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare di più sulla sua musica che ci ha immediatamente colpiti. 

Obi nasce a Torino il 31 maggio 2001. Approccia la musica hip hop all’età di 11 anni con il disco “Controcultura” di Fabri Fibra e solo qualche anno dopo scopre il mondo del freestyle rimanendone folgorato. Inizia così una lunga e faticosa gavetta nei contest di freestyle rap partecipando a vari concorsi e vincendo, nel 2018, il contest Flexin Battle che gli permetterà di aprire il concerto di Noyz Narcos al Brixton Jam di Londra.  


Nel 2020 viene notato dal produttore discografico Tommaso Colliva, Grammy Awards con i Muse e artefice di svariate produzioni nazionali ed internazionali (Calibro 35Diodato, Afterhours, Nic Cester, Night Skinny etc..) che lo convince a realizzare i primi brani. Obi, che all’attivo ha il singolo “Hotel Birkenau” e l’ep “Pezzi miei”, inizia così a scoprire nuove sonorità che variano dal soul al jazz, dall’ R&B al funk, suoni presenti e ricorrenti anche nella sua musica.

Il 23 Luglio durante la finale di Voci per la libertà – Una canzone per Amnesty, l’artista vince il Premio della Giuria Popolare e il Premio Indieffusione & Noise Symphony con il brano “Attimo”, una canzone che parla di una giovane donna afgana e la sua piccola grande battaglia per restare libera. 

Qui di seguito la nostra intervista ad Obi.

Obi Attimo

Ciao Obi e benvenuto sui nostri canali. Ci siamo conosciuti nella finale del Premio Voci per la Libertà – Una canzone per Amnesty dove, oltre ad aver vinto il premio Indieffusione, ti sei aggiudicato anche il Premio della Giuria Popolare. Cosa credi abbia colpito il pubblico del tuo brano “Attimo” e della tua performance?

Ciao amici! Per me è un grande piacere fare questa chiaccherata con voi. 

Credo che il compito di spiegare le emozioni delle folle spetti principalmente ai sociologi e agli psicologi sociali. Scherzi a parte, quando salgo sul palco cerco sempre di essere il più sincero possibile: non voglio insegnare i temi che tratto, voglio far capire che li sento.

 

La serata finale di Voci x La Libertà a cui hai preso parte si è svolta alla fine di un’intera settimana dedicata ai Diritti Umani che è stata anche coronata dalla liberazione di Patrick Zaki per cui Amnesty Italia si è da subito battuta. Che significato ha avuto per te poter partecipare a questo evento all’interno di questo importante contesto storico?

In un festival di un’organizzazione così grande e così sensibile a certi temi, ho adorato gli sguardi dei miei coetanei e non, illuminati da battaglie che diventano ragion d’essere. Quei sorrisi pieni di determinazione sono il carburante che porta, solo in ultima battuta, a gioiosi fatti come quello della liberazione di Zaki. Mi sono perciò sentito onorato di condividere la mia musica con queste anime luccicanti.

 

Da dove hai tratto ispirazione per la scrittura di “Attimo”?

Non esiste una fonte unica che ha ispirato la scrittura di questa canzone. Tra le varie notizie che arrivavano dal medio-oriente, perciò anche dall’Iran, ho immaginato un personaggio portatore di una battaglia, quella per il diritto alla cultura, da non relegare solo ai confini politico-culturali.

 

Perché credi ti abbia colpito così tanto l’immagine di una donna afgana che viene scoperta con in mano un libro bandito dal regime?

Proseguendo sulla linea del discorso cominciato prima, credo che la protagonista del brano giunga da storie ed epoche diverse: ora la vediamo leggere di nascosto libri proibiti dai nazisti o sul tetto di un’abitazione di Madrid sotto il governo franchista, poi viaggiando avanti nel tempo quell’anima diventa la ragazza afgana di cui parlo nel testo della canzone.

 

Qual è il messaggio principale che volevi comunicare al pubblico con questa canzone?

A volte, nella distrazione e nella velocità delle nostre routine, certi diritti, che ci sembrano solidi come certe antiche costruzioni, possono volare via in, appunto, un attimo. Un attimo che sta nella violenza di uno schiaffo. Un attimo che sta nella prevaricazione di una minaccia. Un attimo che sta nella censura di un giornalista.

 

Non credi che oggi, anche attraverso i social, le persone siano portate ad identificarsi con delle battaglie che forse non vivono veramente fino in fondo o che cedono il passo troppo rapidamente alla battaglia successiva? Vedi ad esempio quello che è accaduto con l’Iran e quelle donne di cui oggi non si parla neanche più, mentre il problema sussiste. Com’è possibile, secondo te, continuare a rimanere sensibili e sensibilizzare il prossimo, anche grazie ai social, su temi come la libertà di espressione?

Probabilmente è un fatto insito nell’utilizzo che viene fatto dei social stessi. L’immediatezza con cui le persone cambiano idee e battaglie rappresenta il paradosso del conformismo dell’anti-conformismo che stiamo vivendo ad oggi. Se prima perciò, anche il ricercatore compulsivo di approvazione altrui, doveva costruire una causa che durasse almeno un mese, oggi, tramite un hashtag, anche senza preparazione alcuna, ha la possibilità di soddisfare questo morboso bisogno in un giorno (magari per dire il contrario il giorno dopo). La fruizione del materiale artistico e musicale sta, secondo me, subendo la stessa triste sorte. Le battaglie in qualsiasi forma vengano affrontate, attirano le persone poiché creano risonanza emotiva; il bisogno di approvazione a tutti i costi è, secondo me, sintomo di una grande insicurezza collettiva che porta allo scontro tra individui anziché all’empatia verso il prossimo. Si potrebbe cominciare a lavorare da questi presupposti ma non sono ne un politico, ne un filosofo o l’oracolo di Delfi.

 

In “Attimo” parli di diritto alla cultura. Quanto è importante per te la formazione e l’approfondimento di quello che oggi ci circonda? E come vivi il rapporto con i social network che, a causa della velocità con cui troppo spesso si scrolla per restare aggiornati, sembrano contribuire alla superficialità dilagante?

Come ho detto in precedenza, l’approfondimento e l’amore curioso con cui ci si avvicina ad una causa è una prerogativa fondamentale. Vivo il mio rapporto con i social in maniera disfunzionale a come l’algoritmo vorrebbe che lo vivessi, ergo: lo vivo normalmente cercando di non  inquinare ciò che voglio dire, con la necessità di numeri e like.

 

Per quanto riguarda il nostro Paese a che punto credi sia l’Italia oggi in tema di diritti?

Provo molta apprensione per la deriva che l’Europa e non solo l’Italia sta prendendo. Siamo uno degli ultimi stati europei per libertà di stampa e le carceri sono il nodulo gonfio di un virus violento fatto di frustrazione e rabbia sepolta. Gli anticorpi ci sono e realtà come Amnesty ne sono la dimostrazione.

 

La tua musica unisce l’hip-hop ad un lato più cantautorale. Sono due facce della stessa medaglia nel tuo percorso artistico? E da cosa sei maggiormente influenzato nella scrittura?

Scrivo i miei versi pensando a Faber che rappa con i wu-tang clan. Diciamo che cerco di commistionare il mio lato più profondo e ancestrale che deriva dal mondo hip-hop con una specie di super-io musicale che arriva invece dall’ascolto dei dischi dei cantautori e dalla musica soul, jazz, blues e R&B.

 

Il 2 Giugno scorso è uscito il tuo ep “Pezzi miei” con un team di produzione d’eccezione guidato da Tommaso Colliva. Com’è nata questa collaborazione? Cosa credi lo abbia colpito di te e qual è il valore aggiunto che ha portato alla tua musica?

Nel lontano 2020, Tommaso ascoltò un mio pezzo e subito dopo ci sentimmo dapprima telefonicamente e successivamente ci incontrammo nel suo studio a Milano. Non so che cosa lo abbia colpito di più dei miei brani, so solo che ha avuto una grande sensibilità e gentilezza d’animo nel sapermi insegnare un sacco di cose preziosissime. Come sempre, grazie Tommi.

 

Come si è svolta la lavorazione dell’ep in studio e cosa ti porti dietro di quest’esperienza?

Durante la quarantena di marzo 2021 iniziarono, sulla base di delle demo già preparate da me e Tommaso, le session di registrazione di voci e strumenti. Lavorammo con dei musicisti di primo ordine come Davide Savarese (batteria), Roberto Dragonetti (basso) e  Raffaele Scogna (tastiere e chitarra) con cui lavoro tutt’ora nel team Sound2be. Fu un’esperienza estremamente umana e magica, in quei giorni non ci si fermò un attimo e lo studio vibrava di splendide energie che difficilmente scorderò. Sono estremamente grato a questa esperienza.

 

Hai nuove cose in arrivo per chi ti segue?

Con la mia splendida squadra di Sound2be stiamo appena tornando in studio. Non faccio spoiler ma credo che ci sentiremo presto !

 

Grazie! 🙂

A voi! Un saluto a tutti!


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