Intervista a Umberto Maria Giardini: il viaggio mistico di Mondo e Antimondo.

Umberto Maria Giardini

Umberto Maria Giardini, ex Moltheni, ritorna dopo oltre tre anni con il suo nuovo album “Mondo e Antimondo”, un viaggio mistico senza ritorno che sfida le attuali convenzioni musicali. Nella nostra intervista, l’artista rivela la complessità di questo nuovo lavoro svelando il processo creativo dietro le tracce e la visione unica sulla musica e sulla vita.

 

“Mondo e Antimondo”, il nuovo disco di Umberto Maria Giardini, è un viaggio mistico senza ritorno che sfida le attuali convenzioni musicali. Uscito lo scorso 1 dicembre per La Tempesta Dischi / Master Music, l’album si presenta come un’opera provocatoria, anticipata dal singolo “Re”. Giardini, uno dei più longevi e coerenti personaggi della musica alternativa italiana, si evolve ulteriormente in un territorio oscuro e psichedelico, regalando un’esperienza sonora che rivela contraddizioni e riflessioni sulla società contemporanea.

 

Di seguito la nostra intervista.

Benvenuto su Indieffusione Umberto, è un grande piacere averti nostro ospite. Dopo oltre tre anni dal tuo ultimo lavoro discografico, cosa ti ha ispirato a tornare con un nuovo album dal titolo emblematico come “Mondo e Antimondo” e come si distingue dai tuoi lavori precedenti, in particolare da quelli realizzati come Moltheni?

Non mi ha ispirato assolutamente nulla. Come ogni artista anch’io dopo un tot di anni sento la necessità di pubblicare qualcosa di nuovo. In questa occasione ancor di più se consideriamo che ho riscritto l’album praticamente da zero, cestinando quello che doveva essere il nuovo e che presumibilmente non uscirà mai. La mia carriera di Umberto Maria Giardini è molto diversa da quella di Moltheni interrotta nel 2010. Tutti i miei album a nome mio sono diversi dalle produzioni di Moltheni. In comune c’è solo il fatto che sono sempre io ma non è sufficiente a creare un legame. Dal 2012 con UMG ho letteralmente cambiato approccio, linguaggio e mi sono dedicato ad una scrittura più matura e completa.

“Mondo e Antimondo” sembra trasmettere l’immaginario di due forze divisive che governano l’universo. Se è così: cosa sono per te queste forze e come le collochi all’interno della nostra realtà odierna anche in una scala più grande con quanto sta accadendo nel panorama internazionale? 

Non so se l’album in sé trasmetta nel suo immaginario due forze divisive. Di sicuro “Mondo e Antimondo” pone una provocazione legata ai nostri tempi, in cui tutto è diventato il contrario di tutto.

Credi che la musica oggi sia ancora in grado e capace di mandare messaggi che possano avere un valore a livello sociale? E se si, come pensi sia possibile farlo oggi in cui tutti noi, attraverso i social, siamo abilitati a criticare o a dire la nostra, a volte, anche senza conoscere in modo approfondito gli argomenti di cui si parla?

Assolutamente no, la musica non invia più nessun tipo di messaggio e se anche fosse, sarebbe un buco nell’acqua, poiché dall’altra parte nessuno lo coglierebbe. D’altra parte l’essere umano globale oggi, è talmente confuso e risucchiato nello stesso caos da lui generato che non ha più consapevolezza alcuna su cosa accade e perchè accade attorno a lui. Si prende tutto così come viene e dimenticandosene dopo poche ore; oggi più che mai, bisogna finalmente ricollocare gli esseri umani alla loro reale e oggettiva posizione nella gerarchia all’interno del concetto di vita planetaria, cioè nel sottoscala.

“Re” è il primo singolo estratto da “Mondo e Antimondo”, ed è il brano che apre il disco. Dal suo ascolto, emergono elementi di scrittura mistica e psichedelica che confermano la tua evoluzione artistica. Puoi condividere con noi il processo creativo dietro questa canzone e come si inserisce nel contesto più ampio del tuo nuovo album? Quali immaginari e ispirazioni hai voluto trasmettere attraverso questo brano?

“Re” è un brano estremamente ispirato, e non a caso apre il nuovo album. La scelta di renderlo primo singolo è stata abbastanza casuale in realtà, perché non credo che oggi sia più importante scegliere un brano rispetto ad un altro per sponsorizzare una nuova uscita. “Re” è una sorta di preghiera severa che tenta di riportare l’uomo sulla retta via del sacrificio là dove oggi i sacrifici non esistono più in ogni ambito e collocazione sociale. Una sorta di penitenza e castigo volontario. Ogni brano va tradotto in maniera personale, indipendentemente dai significati dati durante la sua genesi dal suo autore, anche per il semplice fatto che, spesso, significati non ce ne sono.

 

Umberto Maria Giardini

 

Qual è il ruolo dell’oscurità e della psichedelia in “Mondo e Antimondo”? Come questi elementi influenzano il tono e la direzione dell’album nel suo insieme?

La zona d’ombra in cui si colloca l’intero album è la naturale collocazione che doveva avere lo stesso, valutando lucidamente i significati dei testi e la voluta decadenza delle atmosfere che si percepiscono brano dopo brano, ascolto dopo ascolto. “Mondo e antimondo” è privo di luce, per questo riesce ad illuminare.

In “Andromeda”, scritta con il tuo storico chitarrista Marco Marzo Maracas, sperimenti un ritorno agli anni ’90, con chiari riferimenti all’hard rock reinterpretato in modo personale. Come ha contribuito Marco alla direzione musicale dell’album?

Marco contribuisce sempre a qualsiasi cosa io scriva come UMG. Questo accade in maniera del tutto naturale poiché io e lui siamo (nel tempo) quasi la stessa persona. Lui sa cosa occorre nei miei brani, io so cosa accadrà quando lui intercetta questo bisogno. È tutto molto semplice e prevedibile, da molti anni.

Quel verso “Amore mio, splendore mio” richiama lo “Splendore Terrore” di un ispiratissimo Moltheni. In che modo ‘Andromeda’ riflette la tua visione dell’attualità e come contribuisce il testo a rendere questo brano così significativo nel contesto del nuovo album?

Il contributo che “Andromeda” ha dato a questo disco era evidente nel momento in cui abbiamo iniziato a mixarlo. Contrariamente alle nostre iniziali aspettative, il pezzo ha subito evidenziato una bellezza e una potenza che non ci aspettavamo. Un mix tra Soundgarden e la Mina più classica degli anni 70. “Andromeda” ha dato una fisionomia all’album che si espande per tutta la sua durata, rendendolo classico e sognante ma, allo stesso tempo, crudo e credibile.

‘Versus Minorenne’ è un brano molto forte e rappresentativo, un riflesso di te stesso. Nel processo creativo di questa canzone, come hai bilanciato la contemplazione con la rigidità e l’esplosione rock che caratterizzano il brano?

In realtà faccio difficoltà a rispondere a questa domanda poiché non lo so. Tutto deriva da un preciso metodo che occasionalmente regala durezza e incisività nel legame tra musica e testo. Versus taglia come un coltello affilatissimo la nostra coscienza, apparentemente innocente, ma deviata dalle modalità della modernità dalla quale siamo tutti succubi, senza via di ritorno.

 

Umberto Maria Giardini

 

 

Qual è il significato dietro la rabbia legata alla consapevolezza del tempo che passa, e come hai tradotto questa verità in un’esperienza emotiva per gli ascoltatori? 

Per quel che mi riguarda non provo assolutamente rabbia guardando il tempo che passa, forse è l’esatto contrario. Il passare del tempo porta consapevolezza che tutto finisce, e tutto viene dimenticato. Oggi i significati più profondi legati alla vita, all’etica, alla morale e a tutte le molteplici sfaccettature che accompagnano la nostra vita, si sono ridotte in volgari discorsi in cui ognuno di noi può dire la sua, spesso senza nessuna autorevolezza. L’esperienza emotiva riscontrabile all’interno delle note di “Mondo e Antimondo” è generata dalla differenza di traduzione e dal presupposto che non tutti possono o dovrebbero dire tutto. La salvezza del mondo un giorno passerà nelle mani degli intellettuali, non certo da quelle del popolo, e dalle classi dirigenti che il popolo ogni giorno crea legittimandone gli errori. È sbagliatissimo accettare che l’essere umano nella sua pochezza continui a commettere errori e a procreare guerre. Questo si può tradurre tra le righe di “Mondo e Antimondo”.

La collaborazione con Cristiano Godano dei Marlene Kuntz in “Le Tue Mani” è sicuramente un momento speciale dell’album in cui prende vita una marcetta dal sapore classico e dalla narrativa profonda. Puoi raccontarci di più sul processo di collaborazione con Godano nella creazione di questa traccia?  

Io e la mia produzione volevamo un ospite illustre all’interno del disco, che cantasse qualcosa di semplice ma allo stesso tempo efficace, senza stravolgere il suo equilibrio. Cristiano è stata la scelta giusta; il risultato ne è la conferma.

“Mondo e Antimondo” è il brano che chiude l’album e che porta il suo nome. La canzone sembra essere una sorta di confessione e bilancio personale, un’affermazione onesta della tua prospettiva sulla società e sulla vita che, a livello sonoro, evolve nella sua dinamica nel corso del brano. In che modo si collega e riassume gli altri brani dell’album, e come vuole tirare le somme di ciò che abbiamo ascoltato fin qui?  

Le somme vanno tirate così come sono realmente, nello scontrino della situazione globale in cui l’essere umano si trova oggi. Il brano riassume tutto quanto ascoltato prima ma volutamente lo amplifica in maniera molto suggestiva. I colori sono a mezza tinta, così come sono a mezza tinta gli umori che aprono una consapevolezza definitiva. Tutto va male, e la luce dentro ai nostri occhi in meno di 30 anni è cambiata, forse in modo irreversibile. Non credo sia una valutazione pessimistica, ma realistica e oggettiva. Viviamo in un’epoca in cui le bugie e le menzogne non servono più; meglio accettare cosa siamo diventati e prevedere cosa diventeremo. “Mondo e Antimondo” anticipa questo, poiché guarda ad un orizzonte definito e definitivo.

Dopo aver realizzato “Mondo e Antimondo” come vedi la tua evoluzione artistica? Ci sono nuovi orizzonti musicali che ti piacerebbe esplorare nel futuro? 

Non lo so.

 

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