Un tuffo nel Sindacato dei Sogni con i Tre allegri ragazzi morti

Sindacato dei sogni Tre allegri ragazzi morti

S’intitola “Sindacato dei sogni” il nuovo lavoro discografico dei Tre Allegri Ragazzi Morti, il gruppo mascherato più amato d’Italia, in uscita il 25 gennaio. Ecco la nostra recensione !

 

Pubblicato in tutti i supporti (cd, vinile e digitale), il disco arriva a tre anni dal precedente “Inumani” ed è pubblicato da La Tempesta, l’etichetta indipendente fondata proprio dai Tre allegri, e la distribuzione affidata a Believe/Master Music.

Liberi e indipendenti. E’ quello che sono i Tre Allegri Ragazzi Morti, ed è quello che “ti rimane in testa” ascoltando “Sindacato dei sogni”. Siamo nel 2019, sono passati 25 anni dai primi lavori della band di Pordenone, e sembra che mai come questa volta abbiano voluto tornare a quello che sentivamo allora, senza levarsi la libertà di stupire con sonorità tanto nuove per loro quanto perfettamente immerse nel nuovo lavoro.

Pordenone, con il suo Fujiyama sullo sfondo e con i punk meglio vestiti al mondo, fa da cornice ad un lavoro classico quanto sfaccettato, in cui gli allegri ragazzi morti (quelli sotto al palco) ritroveranno tutto quello che li ha fatti innamorare di Davide, Enrico e Luca, e anche qualcosa di più.

Dai testi semplici e diretti di Davide Toffolo, che anche stavolta riesce ad interpretare al meglio i tempi che ci circondano con liriche efficaci ed emozionanti, alla sicura e potente sezione ritmica di Enrico Molteni e Luca Masseroni, fino alla preziosa presenza di musicisti di spessore come Davide Rossi (i suoi archi rendono Bengala una meravigliosa classica canzone TARM) o Francesco Bearzatti, jazzista friulano che col suo sax accende gli oltre 4 minuti di “C’era un ragazzo che come me non assomigliava a nessuno”, e senza ovviamente dimenticare l’apporto di Matt Bordin, Nicola Manzan e della slide di Adriano Viterbini.

 

 

 

 

 

“Sindacato dei sogni” è stato lanciato da 3 singoli (Caramella – Bengala – Calamita) che fanno da perfetta copertina allo stile che si trova nell’intero lavoro: un tuffo nel puro stile TARM, condito da ingredienti ereditati dal miglior rock anni 60 e dal punk di tre decenni fa. Stupiscono (in positivo) i passaggi psichedelici di Caramella e le visioni di Accovacciata gigante, scritta a due mani da Toffolo e Mattia Cominotto (Od Fulmine, sue anche le parole di Difendere i mostri dalle persone).
Non mancano nel disco, come detto, i pezzi emozionanti che faranno la gioia dei fan mascherati, dalla già citata e meravigliosa Bengala ai paesaggi friulani di Calamita, e anche qualche pizzico di polemica attualità (l’emancipazione della ragazza di AAA Cercasi o le dannose paure del diverso sparse qua e là nel disco).

La vera sorpresa sta nella chiusura, Una ceramica italiana persa in California, cavalcata progressive di 12 minuti mai apparsa in passato sui radar dei tre; sui synth e gli arpeggiatori, Davide disegna un testo sull’amore che entrerà presto nella nostra memoria musicale.

Passati tre anni da Inumani, l’ultimo lavoro in studio della band, il viaggio dei TARM alla scoperta delle sonorità continua; con un piede ben piantato nel loro e nel nostro passato, perché Pordenone è la loro Acapulco e un po’ anche la nostra, che stiamo bene solo qua con loro, da 25 anni.

 

Di Luigi Mastellone.

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