Lortex: “Vivo per farvi arrivare la mia voce”

LORTEX

“Corallo” (Sony Music – Epic Records Italy) è l’ultimo singolo di Lortex feat. chiamamifaro uscito il 25 marzo scorso. Abbiamo raggiunto l’artista per scendere nel profondo di questo viaggio e farci raccontare da lui stesso la genesi del brano.

 

Lortex, artista da milioni di streaming sulle piattaforme digitali, è fuori dal 25 marzo con il nuovo singolo “Corallo” feat chiamamifaro. Ma occhio a parlare di lui puntando l’accento solo sui numeri raggiunti! Perché se è vero che – giovanissimo – ha già firmato con Sony e conquistato il suo pubblico tra social e digital store, è anche perfettamente consapevole che dietro a quei numeri si nascondono delle persone in carne ed ossa che si riconoscono nelle sue canzoni, che meritano rispetto e considerazione.

“Corallo” parla proprio delle persone, quelle che sanno starci vicino nei momenti di difficoltà, quando capita che ci lasciamo andare agli abissi. Sono quelle persone che sono lì a ricordarci che è sempre possibile risalire.

Noi di Indieffusione lo abbiamo incontrato per farci raccontare meglio la sua esperienza artistica e i suoi prossimi passi.

 

Ciao Lortex, il 25 marzo è uscito il tuo nuovo singolo “Corallo” feat chiamamifaro. Come nasce la vostra collaborazione?

La collaborazione con chiamamifaro nasce in maniera molto spontanea, è stato tutto molto diretto e immediato. L’ho scoperta su Spotify, a febbraio, e mi sono subito innamorato della sua voce, della sua musica, del suo modo di approcciarsi alla musica. Ha un timbro bellissimo secondo me, originale. Mi ha colpito più che altro il fatto che riesce sempre a farti arrivare quello che canta, si sente che prova davvero ciò di cui parla nelle sue canzoni. In questa cosa mi rivedo tanto e mi è piaciuta parecchio. Aveva tutto quello che cercavo per questo brano. “Corallo” nasce come singolo, non come featuring, ma ho da subito sentito la necessità di avere una voce femminile sul ritornello e l’ho cercata per tantissimo tempo senza trovarla, fino a quando ho scoperto lei. Le ho scritto su Instagram, complimentandomi con lei per il suo lavoro. Le ho detto anche che stavo lavorando a questo brano, che mi sarebbe piaciuto lavorarlo insieme e gliel’ho mandato. Lo ha provato un po’, mi ha mandato un provino e mi ha subito fatto impazzire. È venuta in studio a Torino e abbiamo lavorato insieme, ci siamo trovati molto bene dal punto di vista artistico, ma anche da quello personale, che non è mai una cosa scontata e nello stesso tempo è molto importante. Sono molto contento del rapporto che si è instaurato qui in studio e anche della resa finale del brano.

Hai scritto questo brano con Alessandro La Cava. Come si è evoluto il processo di scrittura? Vi siete influenzati a vicenda? e quanto è stato utile il confronto?

Corallo” nasce proprio da un’idea di Alessandro La Cava. Io ricevo questo brano più di un anno fa, eravamo in piena pandemia quindi il processo di scrittura è avvenuto a distanza. Lui aveva questo pezzo, me l’ha inoltrato dicendomi: “Secondo me potrebbe uscire un bel lavoro se uniamo le forze, sono sicuro avrai tante cose da dirci sopra”. Ed effettivamente aveva ragione. Ho praticamente ribaltato tutto il pezzo tenendo la metafora del corallo come chiave centrale, perché mi è molto piaciuta. Tutto il resto l’ho costruito attorno ed è assolutamente stimolante. È stata la prima volta che ho collaborato con un altro autore ed è una cosa che vorrei assolutamente ripetere. È stimolante vedere un’altra persona che ha un’altra visione della musica, che ha un altro approccio. Consiglio a tutti gli artisti di affiancarsi o comunque di fare musica insieme ad altri artisti, insieme ad altri collaboratori. Secondo me aiuta tanto e soprattutto, come ho detto, dà stimoli nuovi.

Corallo” parla del guardarsi dentro. Sei una persona che riesce a ritagliarsi spesso del tempo per farlo?

Corallo” parla di paure, parla di dubbi. Io sono una persona che sì, si guarda tanto dentro, si fa tante domande e si analizza (penso anche fin troppo… ecco, vorrei farlo un po’ meno!). Facendomi tante domande ho imparato ad analizzarmi, a conoscermi al 100%. È giusto secondo me farsi domande, prendere atto della vita che conduciamo, no? Capire che cosa potremmo fare meglio, che cosa abbiamo sbagliato, che cosa potremmo migliorare. Però dobbiamo farlo sempre nella giusta dose, senza esagerare, perché poi alla fine, come canto nel pezzo, si finisce per essere schiacciati dalle proprie analisi, dalle paranoie, dalle paure che molto spesso (la maggior parte delle volte) sono semplicemente frutto della nostra testa, e magari non corrispondono neanche troppo alla realtà. Quindi io sì, mi ritaglio del tempo per guardarmi dentro, però vorrei farlo un po’ meno, perché a volte mi schiaccia.

Perché proprio il Corallo come metafora?

La metafora con il corallo mi piace molto. Vi spiegherò il messaggio che gli ho attribuito io, ma sono sicuro che l’ascoltatore potrà attribuire un messaggio diverso, perché ci si possono collegare diverse cose. Il corallo sta sul fondo e può essere simbolo di tantissime cose, ma nella mia visione rappresenta riparo, protezione, rifugio. E l’ho paragonato un po’ alle persone che abbiamo vicino, perché le persone che abbiamo accanto per me rappresentano esattamente questo. E quand’è che ci rendiamo conto di chi è veramente vicino a noi? Quando abbiamo periodi negativi, quando sentiamo che stiamo per toccare il fondo, quando vediamo tutto nero. È lì che capiamo chi tiene a noi, chi ci è accanto con la sua presenza. E capiamo in quei momenti (almeno io lo capisco soprattutto nei momenti più brutti, purtroppo) quanto siano importanti le persone che ci circondano, quanto siano preziose per la nostra vita e rare come il corallo. Questa metafora mi piace sempre tantissimo.

Quali sono gli insegnamenti più importanti che riesci a trarre dal fatto di scendere in profondità?

Toccare il fondo, scendere giù fino ad arrivare a non vedere più la luce ti fa crescere, ti fa crescere perché purtroppo la vita difficilmente è fatta solo di momenti belli. E scendere in profondità ti dà la possibilità di essere preparato anche per il futuro. Sono tutte esperienze. Io penso che serva anche a volte toccare il fondo per capire un po’ determinate cose della nostra vita, capire quali siano le cose più importanti. A me capita tantissime volte di vedere tutto nero, di sentire di stare per toccare il fondo ma poi l’importante è avere sempre la forza di riuscire a risalire.

Rispetto ai giudizi degli altri sulle nostre azioni, in un periodo storico in cui ognuno di noi è in vetrina attraverso i social, tu come ti poni? Pesano su di te?

Beh allora, sì, purtroppo da questo punto di vista i social non hanno aiutato. Perché? Perché ti sbattono davanti ogni giorno degli standard di persone che ce la fanno, di persone che hanno vite apparentemente bellissime, e tu metti a paragone la tua vita con la loro, non facendo le giuste valutazioni, quindi ti senti una nullità, ti senti un fallito. Questo è sbagliatissimo. Spesso gli altri ci giudicano per quello che vedono di noi e per quello che pensano di sapere di noi, non per quello che siamo realmente. Ma capita questa cosa, possiamo stare più tranquilli. Conta il giudizio che abbiamo noi di noi stessi, noi che ci conosciamo al 100%, che conosciamo bene le nostre capacità, i nostri traumi. Solo noi possiamo giudicarci con consapevolezza e dare peso al nostro giudizio.

 

Sei un artista da milioni di stream e visualizzazioni con un disco di Platino all’attivo per “Mia”. Come ti poni rispetto alle metriche e ai numeri che oggi sono diventati un punto di arrivo a cui aspirare per molti giovani artisti?

Secondo me non bisogna iniziare a fare musica con l’obiettivo di fare numeri. Io sono partito non pensando a niente, sono partito perché amavo fare musica. Certo, se le cose vanno bene poi arrivano anche i numeri e il successo. Io sono contento quando faccio i numeri, non per le cifre in sé, ma perché immagino le persone che ascoltano la mia musica. Quando leggo 25 milioni di streaming su Spotify io penso a tutte le persone e le immagino, una da una. Non sono numeri. Io vivo per far ascoltare la mia musica, per farmi sentire, per far arrivare la mia voce. E sapere che proprio la mia voce è arrivata a così tante persone mi riempie il cuore. È grande motivo di orgoglio per me, spero di potermi ripetere, spero di restare e di continuare così anche per il futuro, di essere sempre vero in quello che faccio e di arrivare alle persone, perché è quella la cosa più importante. Per me la cosa che conta di più è che le persone mi scrivano, sono felice quando mi fermano per strada e mi dicono “Mi ritrovo in quello che dici, è come se parlassi di me”. Ecco, preferisco questo a 80 milioni di streaming.

Rispetto al live, invece, che effetto ti fa cantare dal vivo e che rapporto hai con il tuo pubblico?

Il live è la parte più bella della mia passione, del mio lavoro. Negli ultimi due anni siamo stati privati di questa parte e devo dire che ha fatto tanto male, soprattutto con pezzi che sono andati così bene, non ho mai avuto la possibilità di cantarli dal vivo e questa cosa mi ha fatto soffrire. È la parte che preferisco, perché per carità il supporto c’è sempre, sui social, i messaggi ma…non è minimamente paragonabile al guardare le persone che ti seguono negli occhi, vederle cantare, vederle emozionarsi con te. Si crea una vera magia, che non si può spiegare. E mi manca tantissimo. Io mischio l’adrenalina con l’ansia ai live, in un insieme di emozioni per cui vivo e non vedo l’ora di poter salire sul palco e incontrare tutte le persone che mi seguono, cantare con loro.

Tu hai aperto concerti di moltissimi artisti. Come ti senti a salire sul palco per confrontarti con un pubblico che non è direttamente il tuo?

Questa è una bellissima domanda. Da quando ho iniziato, avevo 15 anni, ho praticamente fatto solo apertura di artisti ed è stata una scuola per me. È stata una scuola perché il pubblico quando suoni in apertura ad altri artisti te lo devi conquistare e non è mai una cosa scontata. Mi è anche successo di non riuscirci. In altri casi, invece, mi è successo di riuscirci particolarmente bene. Penso all’ultimo live all’Alcatraz di Milano, concerto di GionnyScandal, artista con cui ho lavorato più volte e in diverse occasioni: c’erano 2mila persone, tutte presenti per ascoltare un altro artista, in questo sta la parte difficile, salire sul palco e convincere un pubblico che non è lì per te. Ma salire sul palco è stata un’emozione incredibile perché mi hanno accolto tutti come se fossero lì ad aspettare me, e quella, quando suoni in apertura a qualcuno, è la soddisfazione più grande. Ricordo i cori, quando ho detto di aver finito il live mi chiedevano il bis, sentivo urlare “Ancora, ancora, non scendere!” e quella è sicuramente una cosa che fa piacere. Io lo consiglio a tutti, consiglio a tutti di fare questo tipo di scuola, suonare il più possibile e suonare in apertura ad artisti affermati secondo me è una scuola ancora più grande e ancora più importante, aiuta tantissimo.

Giovanissimo, hai firmato con Sony. Come ti senti ad essere parte di un’etichetta storica che ha deciso di scommettere su di te?

La firma con Sony è avvenuta nella prima pandemia, pensate un po’. Beh è stata un’emozione incredibile, io fin quando non ho firmato il contratto non ci credevo perché sono sempre stato indipendente, ho ricevuto tantissime porte in faccia e tantissimi no, ma quando Sony ha deciso di credere in me e nel mio progetto è stato veramente bellissimo. È uno di quei sogni che hai quando inizi, una di quelle cose che vedi inarrivabili. Quindi, sinceramente per il percorso che ho fatto penso anche di meritarmelo, ma non era comunque una cosa scontata. Ringrazio Sony, tutto il team, tutte le persone che stanno lavorando con me e che stanno mettendo l’anima come la sto mettendo io e spero che il nostro rapporto possa durare a lungo. Grazie ancora sicuramente all’etichetta per averci creduto, per aver puntato su di me.

La tua passione per la musica quando è nata e da quali influenze?

La mia passione per la musica nasce quando avevo 12 anni. Io ho respirato musica sin da piccolo dal punto di vista artistico perché mio padre ha sempre suonato e cantato per passione, senza vederlo come un lavoro futuro. Ho sempre ascoltato il rap, quindi le mie influenze appartengono principalmente a quel genere, che ancora oggi è quello che ascolto di più, anche se la mia musica è un ibrido tra rap e pop melodico. Anche se credo si percepisca che ho ascoltato molto questo genere. Adesso sono 10 anni che scrivo canzoni ed è tutto sempre come la prima volta. Ho veramente la stessa passione di allora e spero di non perderla mai.

Quando hai iniziato a comporre i tuoi brani e qual è stata la prima scintilla che ti ha portato a scrivere?

Si ricollega un po’ alla domanda di prima. Ho iniziato a scrivere i miei brani quando avevo 12 anni e ricordo che ho scritto la mia prima canzone dopo aver ascoltato “Parole di ghiaccio” di Emis Killa. Ho fatto una cover di “Parole di ghiaccio” poi ho detto “Ma perché non scrivo un pezzo io? Mi piace così tanto il rap, mi piace così tanto la musica e quello che viene detto, le metriche, il flow, ma perché non provo anche io a farlo?”. Quindi dobbiamo ringraziare Emis Killa e “Parole di ghiaccio” perché ho iniziato a scrivere dopo aver fatto la cover di quel brano. Io ho sempre tenuto un mondo dentro, ho sempre tenuto tutte le mie emozioni, le mie sensazioni per me, ma la musica mi ha dato finalmente la possibilità di tirare fuori, mi ha dato un posto nel mondo e una strada da seguire, salvandomi letteralmente la vita.

Stai lavorando a nuove cose che potremmo ascoltare presto?

Assolutamente sì, stiamo lavorando a nuova musica. Stiamo preparando un calendario con delle date live e il mio prossimo passo è sicuramente quello di uscire con un progetto più completo, che vorrei fosse un regalo ai fan, al pubblico, penso che lo meritino. Voglio che si mettano lì ed ascoltino 6, 7, 8 brani inediti dall’inizio alla fine perché penso che sia arrivato il momento di farlo. Abbiate aspettative alte, mi raccomando, come ce le ho io.

 

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