“Ventuno anni fa uscì il nostro primo disco, ‘Lamb’, che stasera vi suoneremo per intero nel primo set. Il secondo set del concerto sarà un viaggio nella nostra produzione più recente” così ci spiega Lou quando i 5 elementi del gruppo hanno trovato posto sul palco.
I duo amore-odio Andy Barlow e Lou Rhodes fonda i Lamb a Manchester. Siamo nel 1995, nel bel mezzo di una decade densissima di svolte musicali e in cui si fa largo la “nuova elettronica” in cui come sempre l’Inghilterra fa da capofila. Tri-Hop, Drum’n’bass, Dub, Ambient-Techno, Free e Nu Jazz, tutti stili che vivono nelle espressioni vivide dei Massive Attack, Morcheeba, Chemical Brothers, Bjork, Portishead, Tricky, Thievery Corporation, Groove Armada, Archive, Orb, Skylab, Air, e via dicendo.
Il primo disco dei Lamb è un riuscitissimo incontro tra l‘elettronica e la musica intimista. Come i suoi simili suona diverso da ogni altra cosa ascoltata in quel momento e si va ad aggiungere all’immenso patrimonio artistico che hanno prodotto i ‘90s, così allineati al presente eppure già intinti nel futuro.
Un concerto all’Auditorium è sempre una garanzia per la qualità audio, di cui ne esalta la nitidezza e il colore. I Lamb si fanno perdonare l’aver aperto con 40 minuti di ritardo dimostrando di essere in formissima, carichi e sorridenti – fattore sempre apprezzato. Sintetizzatore, contrabbasso, batteria e poi l’alternanza di violino e tromba: questi ultimi sono due strumenti che si poggiano in forma assolutamente perfetta sul tappeto musicale.
La cantautrice Lou nel primo set sfoggia un abito a metà tra una dea greca e una ninfa dei boschi, nel secondo set ha invece un abito più etereo ed elegante, con favoloso pittoresco copricapo.
Dopo il primo brano la band sveglia la Sala Sinopoli invitando il pubblico ad andare sottopalco, e così accade, dacché in pochi rimangono seduti, qualcuno in platea e di più in galleria. Dopo un po’ Lou esorta proprio quelli lì ad avvicinarsi perché, dice lei, “quelli seduti hanno sorrisi poco felici”. Che bel piglio!
Dimostrando grande padronanza del palco e del pubblico, Lou è cordiale, aperta, scherza e ci regala dei larghissimi sorrisi. Voce in gran spolvero, col suo timbro caldo ed evanescente. A vederla si rimane incantati. Sempre in perfetta sintonia con colui che chiama “fratello”, Andy. Lui ha una gran presenza scenica, un suono molto corposo e forsennato, e a volte lascia il suo synth per prendersi il proscenio e salire sulle spie per incitare tutti a ballare… e noi non ce lo facciamo ripetere due volte. Poi quando la tromba di Kevin G. Davy assume il ruolo di protagonista allora la temperatura in sala comincia a bollire e non ce n’è più per nessuno.
Ci si è chiesti se è giusto organizzare un concerto in una sala quale quella dell’auditorium e far pagare le poltrone in velluto rosso per poi stravolgere il setting, ma a volte la musica prende vita ed è bello vedere quando un’artista richiama la partecipazione attiva del pubblico. E confermo che giù nel parterre la musica ha messo le ali.
Setlist:
Set I: Lusty/Godbless/Cottonwhool/Tfa/Zero/Merge/Gold/Closer/Gorecki/Feela
Set II: Angelica/What a sound/Little things/Ear parcel/We fall in love/Satellites/Backspace/Illumina/Gabriel
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