Abbiamo accorciato i tempi e disintegrato le distanze. Consumiamo l’informazione a colpi di click e comunicare è una prassi talmente istantanea da illuderci di essere connessi con il mondo intero. Eppure qualcosa ci “sfugge dalle mani” come recita il lancio del ritornello di Impronte il nuovo singolo di Giuliano Crupi.
Ci siamo illusi di dipendere da un aggiornamento, ma in realtà abbiamo dimenticato cosa voglia dire perdere lo sguardo in un orizzonte. Abbiamo immolato il nostro inscindibile rapporto con la natura sull’altare della modernità e siamo più soli che mai. Giuliano Crupi parla di un disagio sociale che è sotto gli occhi di tutti, e si è assunto il coraggio e la responsabilità di denunciarlo. In un Paese in cui la canzone o è persa in rime sdolcinate o in frivolezze senza senso, con Impronte l’artista evoca lo smarrimento che tutti viviamo, ma non sappiamo riconoscere.
Non ci sono più le impronte dei bambini nei parchi giochi, ma anche l’impronta lasciata dall’uomo sulla Luna (simbolo del progresso e della conquista della conoscenza) è coperta dalla polvere. Ogni nostro avanzamento e balzo in avanti non lascia più il segno, e sembra farci regredire più che evolvere. Questa è la chiave di lettura di Impronte.
Con matura coerenza stilistica, il giovane cantautore esalta il suo pensiero in un mondo musicale alieno da ogni compromesso. Sono proprio i compromessi che hanno imbarbarito la canzone italiana, tra i minutaggi ghetto imposti dalla radiofonia, e l’estetica artefatta piccolo borghese (dell’ormai ex tubo catodico) di cui ogni artista dovrebbe fregiarsi. E da tutto questo Giuliano Crupi prende le distanze.
Il video di Impronte esalta la riscoperta di uno slow motion inteso come metaforico stile di vita. Ed è proprio il ritmo con cui Giuliano Crupi canta ed esprime la sua visione del Mondo: il metronomo lento e sospirato di Impronte è lo stesso andamento a cui dovremmo aspirare nel quotidiano.
“E le stelle sono tue perché sai coltivare il talento” canta Giuliano. Gli astri sono lì, dove sono sempre stati; forse siamo noi che dovremmo reimparare ad alzare lo sguardo.
Photo credit: Andrea Reitano
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