La felicità di essere solo i Fast Animals and Slow Kids

fast animals and slow kids

E’ uscito il 3 febbraio “Forse non è la felicità”, il nuovo attesissimo disco dei Fast Animals and Slow Kids, sotto etichetta Woodworm. Abbiamo fortemente voluto parlarne direttamente con Aimone, voce del gruppo, per farci raccontare i retroscena di questo nuovo lavoro. Qui sotto l’intervista!

 

Dopo gli straordinari risultati dell’Alaska Tour, i Fast Animals And Slow Kids tornano con un nuovo live! Ecco le prime date annunciate:

Forse non è la felicità Tour

04-mar    Arezzo    Karemaski
10-mar    Santa Maria Vico (CE)    Smav
11-mar    Sant’Egidio alla Vibrata (TE)   Paladejavu
18-mar    Milano     Alcatraz
25-mar    Roma    Monk
31-mar    Torino    Hiroshima mon amour
01-apr    Bologna    Locomotiv
07-apr    Roncade (TV)    New Age
08-apr    Firenze     Flog
14-apr   Cagliari      Fabrik
21-apr    Sommacampagna(VR)  Emporio Malkovich
22-apr    Perugia     Urban
25-apr    Genova     Supernova
28-apr    Bari   Demodé

 

“Forse non è la felicità” non si discosta particolarmente dai dischi precedenti ma non è scontato: prosegue il percorso già intrapreso sviluppandolo, puntando ad un’evoluzione di ciò che già è stato fatto senza perdere originalità e qualità. Un lavoro ad un primo impatto molto vario ma legato dal filo conduttore di una stessa tematica e dai suoni riconoscibilissimi che caratterizzano da sempre i Fast Animals And Slow Kids.

Diverse combinazioni strumentali si incontrano con la voce graffiante ma non più gridata di Aimone, il frontman del gruppo. Mai come ora si percepiscono consapevolezza anche nella melodia e controllo nell’utilizzo della voce. I testi sono nostalgici ma il tessuto sonoro è energico: archi malinconici, chitarre potenti, percussioni travolgenti.

I Fast Animals And Slow Kids non cercano di omologarsi al filone del momento, non tentano di imitare esplicitamente qualcosa se non ciò che hanno ascoltato e fatto proprio. Hanno sperimentato, provato e scelto ogni dettaglio, si sente quanto si siano sporcati le mani con questi pezzi nella famosa sala prove che sta loro tanto a cuore.

 

La band gioca molto sulle dinamiche, sulle combinazioni di suoni, sulle alternanze di atmosfera: ci sono momenti di rock più violento e subito dopo momenti in cui si riduce tutto ad un arrangiamento quasi acustico, per poi ritornare carico e svuotarsi di nuovo.

E’ interessante anche la costruzione della tracklist: il disco si apre con un’ipnotica intro strumentale in “Asteroide”, per poi svilupparsi in una serie di immagini e di riflessioni, che accompagnano l’ascoltatore in un viaggio che si conclude proprio con la traccia della grande questione a titolo dell’intero progetto, “Forse non è la felicità”.

C’è introspezione, c’è divertimento, c’è rabbia, ci sono i viaggi, ci sono gli amici, c’è la solitudine, c’è la nostalgia… ci sono alti e bassi della vita perché è un disco che nasce dalle esperienze reali di quattro ragazzi di oggi, che non fanno altro che riportare la loro verità in forma di musica.

Noi abbiamo parlato al telefono con Aimone, che ci ha svelato la chiave di lettura di “Forse non è la felicità”, passando per alcuni episodi interessanti… ecco l’intervista!

 

 

Ciao Aimone, cos’è che per voi si avvicina alla felicità?

In realtà non lo sappiamo, il concetto era proprio questo, che non ce lo stiamo chiedendo. L’importante non è capire cosa sia la felicità, ma puntare ad una felicità che potrebbe esistere o non esistere; è importante il camminare verso le cose, il viverle con forza e con coscienza.

Spesso avete accennato al passato da cantante di Alessio (il batterista), o ad esempio tu prima suonavi la batteria… come è nata questo tipo di formazione? Avete mai pensato di invertirvi i ruoli?

Pensiamo sempre di invertirci i ruoli, a me la batteria piace moltissimo, il batterista ha una voce meravigliosa… la nostra formazione è nata come succede in tutte le band, ci si trova in sala prove, ci si chiede “Ok, tu che vuoi suonare?”, si stappano delle birre e si inizia a suonare. Per noi la parte importante è proprio suonare insieme, non tanto chi fa cosa… io ho provato a cantare perché nessuno voleva farlo.

Voi siete un esempio di un gruppo giovane che è riuscito a farsi strada senza passare da un talent. Cosa pensate al riguardo?

In questo noi siamo un po’ vecchi, proveniamo da una tradizione musicale che conosce un’unica via, che è quella di suonare tanto, anche in sala prove, cercando di convincere più possibile qualche amico per cominciare, puntando sulla qualità. Bisogna suonare dal bagno di una casa in centro storico all’Alcatraz. Non siamo contro il talent, solo che è distante dal nostro modo di fare musica. Il talent mette in risalto tante qualità ma noi abbiamo bisogno del contatto col pubblico.

Nei testi e nei titoli delle canzoni di questo album si nota una nostalgia per gli sbagli e per i tempi andati, eppure siete molto giovani…

Negli ultimi anni siamo riusciti a passare da una tristezza infinita alla nostalgia, che è un passaggio comunque, dal pensare solo che tutto sia terribile, che non ci sia più speranza, all’accettare questa condizione e saper andare avanti. E’ chiaro che di fronte a un ragionamento di questo tipo i ricordi diventano nel tempo dorati, perché tutto ciò che è grigio lo dimentichi e quindi il ricordo diventa una cosa bella.
Questa cosa di essere un po’ nostalgici l’abbiamo vista anche in altri musicisti in realtà; l’altro ieri per esempio stavamo notando che Bruce Springsteen in Thunder Road dice “non siamo più abbastanza giovani”, ma quando l’ha scritta aveva ventidue anni! Quindi non è il concetto del tempo, ma il fatto che alcuni ricordi alcune sensazioni sono così importanti che quando vanno via ne hai nostalgia subito, e non è questione di quanto sei vecchio o di quanto tempo è passato.

Nel tour cercherete di riproporre tutti gli strumenti e tutti i suoni presenti nel disco?

La regola dice che se il live è più scarico del disco vuol dire che siamo una band di merda (ride). Almeno tutto ciò che c’è su disco lo riportiamo dal vivo, poi dopo ci aggiungiamo empatia, voglia di cantare con gli altri, di connettere i pezzi l’uno all’altro. Per questo tour abbiamo preso con noi un nostro amico di Perugia, un ragazzo che ci seguirà alle tastiere e alla terza chitarra, perché ci sono anche tre riff di chitarra incastrati. Faremo tutto come deve essere, sulla musica non si transige, la qualità non si deve mai abbassare!

Come vivete un live in casa, a Perugia che è la vostra città?

Quest’anno il live a casa nostra lo facciamo alla fine del tour perché sappiamo che sarà devastante… avremo davanti amici, le nostre ragazze, persone molto influenti nel nostro quotidiano, e quindi ce lo vogliamo tenere all’ultimo perché il nostro rapporto con Perugia è fortissimo.

Fate spesso riferimento alla vostra sala prove allagata, dipinta di rosa perché il rosso era finito, siete molto autoironici: quanto tenete a questa dimensione semplice e genuina?

Non ci facciamo neanche tanto caso perché è la verità! E’ che non riusciamo a contenere questo nostro lato coglione… ci piacerebbe essere dei veri rocker, incazzati con la chitarra, ma poi viene fuori sempre la nostra anima quotidiana, che è quella di persone che ridono, che vivono la musica con spontaneità. Questo è quello che siamo, non ci piace dover mantenere dei personaggi.

A proposito del discorso sulla gioventù, di recente avete tenuto un incontro in un liceo di Perugia. Mi racconti quest’esperienza?

E’ stato bellissimo, davvero! Mi hanno chiamato un paio di giorni prima per invitarmi per un’intervista al “Galilei” e subito ho chiesto di coinvolgere anche gli altri perché sapevo che sarebbero impazziti per questa cosa; quel liceo ci ha permesso di conoscerci, nonostante alcuni di noi frequentassero altre scuole, ma abbiamo iniziato come tutti a suonare alle assemblee d’istituto, quindi l’ambiente musicale in cui sono nati i Fast Animals è il “Galilei”. E’ stata un’esperienza fantastica, che ci ha permesso di entrare in contatto con ragazzi che hanno circa dieci anni meno di noi, che ci hanno positivamente stupiti! Noi pensavamo che sarebbe stato difficile l’approccio perché davamo per scontato che non potessero conoscere certe cose, ma in realtà erano così interessati che ci hanno fatto domande molto belle, chiedevano dei particolari anche tecnici, che mi hanno lasciato molto contento. Tutta questa curiosità mi ha dato speranza.

La prima cosa assurda che ti viene in mente accaduta durante un vostro live?

Una volta suonammo a Torino, concerto interrotto dalla Polizia prima del finale per dare l’idea della situazione, e mi ricordo al terzo pezzo un ragazzo con una maglietta bianca sporca di sangue che mi urlava fortissimo “Sono sporco di sangue tuo!”, e io non riuscivo più a concentrarmi sul testo, mi veniva da ridere. Probabilmente mi ero ferito da qualche parte e c’era questa persona che mi urlava con tanta rabbia che mi è rimasta impressa. (RidePoi ce ne sono milioni di ricordi bellissimi, scene che abbiamo vissuto, ci sarebbe da parlarne per un giorno intero!

Uscirà un libro di aneddoti a breve quindi!?

Per ora non è previsto, ma magari quando diventeremo geni del marketing…

 

 

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