Martedì 20 marzo la Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica di Roma ha ospitato uno di quegli appuntamenti di cui andare fieri: una delle più alte espressioni del cantautorato contemporaneo incontra il suo contraltare teatrale: Dente e Catalano “contemporaneamente insieme”. E si capisce subito che si e’ nel posto giusto.
Il concerto/spettacolo di Dente e Catalano e’ stato la tappa conclusiva del tour nazionale “Contemporaneamente insieme” , in cui “il cantautore emiliano e il poeta torinese hanno incrociato chitarra e penna, per parlare d’amore a modo loro”.
Ironiche, dissacranti, sarcastiche, provocatorie, ma anche delicate e autentiche sono state le due ore trascorse assieme a questi artisti che hanno saputo far riflettere e far ridere sulle tematiche dell’amore.
Palcoscenico asciutto, quattro sedie: due al centro, vuote e illuminate per dar volto ai dialoghetti fuori campo, e poi due sedie laterali, una con i libri del poeta e una con gli strumenti acustici del cantante.
“Non un reading, non un concerto, non una commedia dialettale” dicono loro, e cosi’ lo spettacolo, diretto da Lodo Guenzi de Lo Stato Sociale, si apre congratulandosi con il pubblico per il buon gusto per averli scelti.
Dente è un nome di punta della musica italiana, un cantautore dal linguaggio raffinato, dotato di grande originalità e di indiscutibile talento. La sua musica è ciò che più si avvicina al mondo della poesia. Giuseppe Peveri, in arte Dente, ad oggi è uno dei più apprezzati cantautori italiani, ha pubblicato 6 album in studio, un ep digitale e un libro. Ha collaborato con numerosissimi artisti del panorama italiano come autore e coautore, ma anche duettando.
Guido Catalano è un poeta e uno scrittore che pubblica per Rizzoli e collabora con Il Corriere della Sera Torino e Smemoranda. La sua scrittura è ciò che più si avvicina al mondo della musica.
In “Contemporaneamente insieme” ci sono le canzoni e le poesie, la canzone di uno letta come poesia dall’altro, e viceversa, c’e’ una parte recitata in cui i due artisti seguono un canovaccio andando a braccio, prendendo un po’ in giro poeti e cantautori. Eh già! Perché la satira -anagramma di risata- funziona quando si parte dal sovvertire i dettami imposti dai “grandi”.
L’alchimia che ha fatto interagire i due talenti la si deve a Lodo Guenzi, che grazie alla sua impostazione teatrale ha saputo costruire la cornice adatta allo spettacolo: mentre in fase di progettazione Dente e Catalano si confrontavano, Lodo li ha registrati di nascosto, anche andando da uno per chiedere cosa pensasse dell’altro quando questi non c’era. Poi ha montato questi audio nella forma di dialoghetti da salotto, intenzionalmente molto sinceri, quasi intimi. E’ in questa autenticità ed essenzialità che le voci fuori campo fanno parlare le due sedie vuote a centro palco, sulle quali quando Dente e Catalano si siedono si tolgono la maschera dell’artista per parlare come l’uomo.
Dente ha confermato il suo carisma e la sua sagacità, nonché le ottime doti vocali che invogliano a seguirlo nei prossimi concerti senza se e senza ma. Fondamentale l’autoironia con la quale presenta le sue “canzoni tristi” e la brillantezza che esprime nei testi. E’ un autore che parla a noi di noi, con squisito talento e apprezzatissima eleganza.
Guido Catalano, perfettamente a suo agio, ha nobilitato una versione alternativa di quel teatro canzone (ci consentano Gaber-Luporini) che in molti ambienti sta tornando in auge.
Al momento della prenotazione era stato reso noto di portare con se’ una penna, ma perché ? Lo show si è concluso con i due artisti che hanno chiesto al pubblico di scrive una dichiarazione d’amore sulla cartolina consegnatagli all’ingresso, per poi lanciarla in aria e raccoglierne una a caso, in modo tale che ognuno potesse tornare a casa con il pensiero o l’esperienza consegnatagli da un “altro”.
Si, perché in fondo a questo lungo “dialogo” sulle esperienze dell’amore quello che rimane e’ proprio l’incontro con l’altro e nell’altro – notevole, tra i tanti, il siparietto tra Catalano/uomo e Dente/Dio.
Dente e Catalano hanno lasciato il palco con un saluto educato, composto, umile, di quelli che vorrebbero essere visti più spesso. Un viaggio un po’ assurdo e un po’ sarcastico tra le esperienze dell’amore.
<<Dormire da solo, hai spazio
puoi rotolarti nel letto
puoi fare capriole
cunìculi sotto le coperte
metterti a sghimbescio
mangiare i crekers sbriciolosi
e altro
ma non puoi
accucchiaiarti a un corpo femmina
che gli fai quella cosa spaziale
da dietro
che con la mano le prendi la tetta superiore
e ti assopisci
con il calore
della sua schiena
sulla tua pancia
e se sei fortunato
i vostri respiri
andranno via all’unisono
la tua pancia
la sua schiena
la sua nuca
le tue braccia
i piedi nei piedi
che si carezzano
tenendo il tempo della notte
fottendosene del regno dei cieli>>
Photo credists: Adila Salah
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