The Lumineers: folk music e gioia di vivere sul palco della Cavea a Roma

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Grande successo per i Lumineers ed il loro Cleopatra World Tour che lunedì 10 Luglio ha fatto tappa all’Auditorium Parco della Musica di Roma. 

La folk band americana, nata nel 2005 dall’incontro fra il chitarrista cantante Wesley Schultz ed il batterista Jeremiah Fraites e ai quali si è presto aggiunta la violoncellista Neyla Pekarek, è accompagnata in tour dal polistrumentista Stelth Ulvang e Byron Isaacs (basso e cori). Reduci dalla serata del 9 luglio nella lineup del British Summer Time ad Hyde Park, dove il nome di punta era Tom Petty and The Heartbrekers che festeggiavano i 40 anni di carriera, i tre ragazzi poco più che trentenni riempiono la Cavea già ben scaldata dai supporter The Shelters, rock band di Los Angeles che sfrutta al massimo l’opportunità di un pubblico così entusiasta regalando 40 minuti di energia e passione.

I Lumineers entrano in scena sul boato di un pubblico che li accoglie in piedi e che fin dal primo brano mostra di non aver intenzione di approfittare dei posti a sedere. Partono le  percussioni della bellissima Sleep on the floor che con i suoi controcanti apre la festa, seguita da Flowers in your Hair e Classy Girls, i pezzi più country della loro produzione e dal ritmo incalzante che permette al pubblico di ballare e cantare senza mancare una sola sillaba. Segue Dead Sea, carezzevole e appassionata, che vede Schultz emozionato sul finale per un applauso che sembra non voler finire. Sulla scia di questo trasporto partono le note di Charlie Boy, la storia dello zio Charlie che arruolatosi in guerra non ne fa più ritorno. A voce, mandolino e una chitarra pizzicata piano si unisce un violoncello impeccabile, mentre le torce degli smartphone celebrano un ricordo che dall’artista arriva al pubblico senza retorica, come risultato di una connessione autentica.

Via i microfoni per Darlene in un’esibizione corale e nel silenzio totale della Cavea. Nella stessa intima atmosfera arriva il momento di Ho Hey, ben quattro volte disco di platino, l’intuizione che ha permesso loro nel 2012 di entrare al 77° posto della Billboard ed aggiudicarsi un futuro nelle classifiche. A Cleopatra, la title track del loro secondo album pubblicato nel 2016, segue l’omaggio a Bob Dylan, evidente fonte di ispirazione, con Subterranean Homesick Blues in cui spiccano il suono basso del violoncello e quello grave del pianoforte. Sul finale del tributo al menestrello di Duluth Schultz lascia il palco per scendere in platea a stringere mani, dispensare sorrisi grati e a consegnarsi all’abbraccio dei fan. Pulsanti ed intense Angela Ophelia: Wesley lascia la chitarra e con gli occhi chiusi si abbandona all’entusiasmo del pubblico che lo accompagna fedelmente ancora una volta.

Performance corale anche per Big Parade con tutti i musicisti in fila sul palco, la chitarra ad accompagnare la voce di una Cavea completamente rapita. A metà canzone riprendono gli altri strumenti e tutta la platea abbandona il proprio posto per avvicinarsi al palco e lasciarsi accogliere da una pioggia di coriandoli. Non si percepisce il passaggio a Gun Song e a seguire Slow It Down sulle quali ringraziano con le parole “Non posso credere che siamo così lontani da casa, in un posto magico come Roma. Non vi diamo per scontati, siamo veramente grati di vedervi qui”. Seguono My Eyes e Patience in cui il pianista rimane solo concludendo con un arpeggio che potrebbe continuare per ore.

Nell’encore si raggiunge l’acme emotivo con Long way from home, scritta da Schultz in memoria del padre scomparso. Voce e chitarra si esibiscono per un pubblico che ascolta silenzioso la sofferenza di un uomo senza interrompere, senza aggiungere carico emotivo, creando nuovamente un clima di empatia e condivisione autentiche, percepibili anche in quell’applauso quasi timido che accompagna il finale. Schultz passa poi al pianoforte per Submarine, rientrando nel clima di una festa che volge al termine. Stubborn love è la chiusura perfetta, un testo dolcissimo e rassicurante che coccola un pubblico che non ha voglia di tornare a casa, che non vuole scendere dai sedili della platea, che non può andare a dormire. Un ultimo ringraziamento per “The most incredible crowd” e sulle note di Atlantic City di Springsteen – altra evidente fonte di ispirazione – i Lumineers stringono le mani ad una folla grata per l’autenticità dello show di artisti che, più che semplicemente esibirsi, hanno consegnato loro stessi ai fan, senza risparmiarsi come cantanti e musicisti, e lasciando una Cavea ancora pulsante e vibrante.

di Violet Flag

 

(Photo Credits: Gianfranco Schetter)

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