U2 – Il risciacquo dell’anima alle radici del Joshua Tree

The Joshua Tree

GlI U2 tornano in Italia con il loro The Joshua Tree Tour 2017 a 30 anni dall’uscita del disco, pietra miliare della band irlandese, bibbia del Rock. Bono inizia la prima delle due date italiane con l’augurio che la prima sera allo Stadio Olimpico di Roma possa essere la più bella di sempre. Lo è stata sicuramente.

The Joshua Tree

Ogni volta che scrivo un articolo sulla band irlandese non posso che farlo da fan. Visti dal vivo decine di volte, ogni volta si rimane a bocca aperta per la macchina che riescono a mettere su. Ma a differenza di una macchina che non ha un cuore, Bono & co. un po’ della loro anima riescono a regalartela ogni volta che te li ritrovi davanti su un palco. E così ieri a Roma loro si sono donati al pubblico completamente, e si è realizzata la magia.

La serata inizia con la band spalla: Noel Gallagher’s High Flying Birds. I brani del nuovo progetto del fratello con la testa più a posto scorrono piacevoli e con un buon impatto sul pubblico, ed è subito un salto indietro quando attaccano quelle canzoni che hanno reso famosi gli Oasis e hanno segnato i nostri anni dell’adolescenza: Champagne Supernova, Don’t look back in anger, e Wonderwall.

Alle 21:15 il palco è tutto per gli U2 e con l’intro di The whole of the moon dei Waterboys  inizia il concerto perfetto, anche se la voce di Bono arriva all’inizio poco chiara. The Joshua Tree è un disco che parla dell’America, un capolavoro raccontato non da americani, ma da irlandesi con il sogno nel cassetto. Il loro stesso sogno, in modalità diversa, era simile a quello dei tanti che mettono in pericolo la loro vita pur di realizzare la speranza di un destino che non sia segnato dal luogo in cui nasci. Un disco realizzato 30 anni fa, con brani che, più che canzoni, sono inni che risuonano di eternità. Il contesto storico di oggi è diverso da allora, ma quelle liriche non perdono di attualità viste le promesse di realizzare muri divisori.

The Joshua Tree

Dopo l’inizio con un set tra i rami del Joshua Tree sulle note di Sunday Bloody Sunday e New Year’s Day, arriva la sempre sperata Bad che Bono chiude ricordando Bowie con Heroes. La dedica è agli eroi, quelli come John Keats, uno di quelli che per lui è stato fonte di ispirazione.  Bono chiede ad un certo punto di spegnere le spotlights e di accendere ogni piccola luce che ognuno ha a disposizione: uno stadio gremito, fatto di singole persone con una passione in comune, si illumina. Ognuno di noi in fondo è un eroe, bisogna solo accendere quella luce. Una singola luce che unita a quella degli altri può illuminare uno stadio intero, un mondo intero. E dopo tutta questa bellezza è la volta di un altro inno, quello dedicato a Martin Luther King, Pride.

Joshua Tree

E’ il momento che tutti aspettavano ora. Il palco, molto semplice, si trasforma e l’albero si illumina. La scenografia diventa rossa e annuncia l’inizio del viaggio. Sono le note di Where the streets have no name e le emozioni si fanno forti. Bono non approccia al brano correndo verso il microfono come ha sempre solitamente fatto. Arriva a cantare da uomo maturo, che non ha più bisogno di interpretare una storia vestendosi di un alter ego. Inizia così l’anima vera del Joshua Tree Tour 2017. Le immagini scorrono sullo schermo e più che un concerto diventa un’esperienza sensoriale avvolgente. La band ti porta all’interno dell’America che i nostri padri hanno vissuto, che gli U2 stessi hanno vissuto, che molti di noi abbiamo vissuto e percorriamo insieme quella stessa strada nel deserto.

Joshua Tree

Il paesaggio cambia e la temperatura di Roma ti permette di proiettarti per intero in quei luoghi caldi e desolati. “Dream beneath a desert sky”. Finché tornano quelle canzoni che in più di 20 anni non abbiamo mai ascoltato dal vivo. Forse però ho compreso il senso di questa scelta proprio ieri sera: avevano bisogno del loro contesto, del momento storico giusto, invece che essere prese e messe in mezzo ad altre canzoni nate per motivi diversi. Anche “la solita” With or without you torna a diventare speciale, grazie alla coreografia sugli spalti organizzata dai ragazzi di U2Place.com . Bono ferma tutto : “What is this?”, si prende un attimo per rendersi conto di quello che è stato preparato per loro e ringrazia l’Italia che gli rende sempre le emozioni in maniera del tutto particolare.

Speciale l’arrangiamento di Red hilli mining town con i fiati sullo sfondo, poi In God’s country, Trip through your wires. One tree hill è sottolineata dal ricordo di Greg Carroll, loro Roadie tuttofare con il quale Bono aveva un legame speciale, che perse la vita in un incidente di moto a Dublino nel 1986. “Anche voi avrete qualcuno che la vita vi ha portato via troppo presto” dice Bono. Le lacrime che scendono percependo che quelle canzoni raccontano della vita di tutti noi sono interrotte dalla scarica elettrica di Exit che investe l’Olimpico. Il disco si chiude con un’emozionante Mothers of the disappeared, con le madri dei desaparecidos sullo sfondo a tenere in mano una candela che alla fine si spegne, come forse é successo alla loro speranza.

I 4 non si concedono pausa e l’encore arriva subito dopo con Miss Sarajevo. All’Olimpico risuona forte anche la voce del maestro Luciano Pavarotti, mentre le immagini sullo schermo raccontano la storia di una donna siriana “ospite” del campo profughi in Giordania, al quale lo stesso Bono ha fatto visita lo scorso anno. Una donna che come tante aveva un sogno, un sogno portato via dalle macerie che la circondano e che per una sera sono state anche intorno a noi. Probabilmente non vivremo mai quel tipo di guerra, nati dalla parte fortunata del mondo, anche se di questa terra ci lamentiamo spesso, ma se quelle riprese restassero impresse dentro di noi per sempre, forse saremmo in grado di essere più compassionevoli verso il prossimo che ha bisogno di noi a tendergli una mano. Il ringraziamento di Bono è ora per l’Italia intera, per aver mantenuto le promesse.

The Joshua Tree

Troppe emozioni per una sola sera. Lo sanno anche i 4 sul palco e l’encore continua con Beautiful Day che ci investe di colori, Elevation e Vertigo. Dopo due ore di lacrime si cambia registro. L’energia si trasforma e il pubblico ritrova la forza per saltare e urlare ancora. Poi Ultraviolet (Light my way), la perla nascosta del berlinese Achtung Baby.

Dallo stesso disco tirano fuori un altro brano, uno di quelli ascoltati e riascoltati ma che stasera ha un sapore diverso; non importa chi hai davanti, quante cose condividi con quella persona, l’importante è che ci sia solo una cosa in comune: One.

La chiusura è su The little things that give you away, brano che sarà contenuto nel nuovo disco “Songs of Experience” che Bono assicura “E’ quasi pronto. Lo dice The Edge, e quando Edge dice che è pronto significa che ci siamo”.

Lo stesso Bono definì i concerti degli U2 come un “Risciacquo dell’anima”. E’ proprio questo che sono infatti: un luogo dove la tua coscienza si riallinea e “ogni altra cosa si abbassa di volume” (cit.). The Joshua Tree Tour 2017 è il simbolo di una generazione. All’Olimpico ci siamo resi conto che siamo davvero diventati grandi e cambiati insieme a questa grande famiglia musicale ma, le emozioni, quelle sono rimaste le stesse di allora.

Setlist: 

Sunday Bloody Sunday/ New Year’s Day/ Bad (with “Heroes” snippet)/ Pride (In the Name of Love)/ Where the Streets Have No Name/ I Still Haven’t Found What I’m Looking For/ With or Without You/ Bullet the Blue Sky/ Running to Stand Still/ Red Hill Mining Town/ In God’s Country/ Trip Through Your Wires/ One Tree Hill/Exit/ Mothers of the Disappeared/ Miss Sarajevo/ Beautiful Day/ Elevation/ Vertigo/ Ultraviolet (Light My Way)/One/The Little Things That Give You Away

#FollowtheNoise…

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