Un tempo perfetto per vivere da idioti. Intervista a Unòrsominòre.

Unòrsominòre

Emiliano Merlin, in arte unòrsominòre. si racconta da solo. Semplicemente ascoltando i suoi brani si viene catapultati in un mondo fuori da questo tempo, più crudo e arido di quello in cui solitamente cerchiamo rifugio per sfuggire dalla già tanto estraniante realtà quotidiana, ma dall’altro lato un mondo vero.

In un’epoca non troppo lontana, un progetto del genere sarebbe stato considerato alla stregua dei grandi nomi, quale Gaber, Fossati o De Andrè, ma si sa, ognuno è figlio del suo tempo. In ogni caso, unòrsominòre. non si adegua al mainstream e traduce in musica i suoi messaggi rivoluzionari che raccontano di quegli angoli del nostro Paese a cui nessuno fa quasi più caso per il troppo rumore e tutte le diavolerie mediatiche che ci distraggono e stordiscono giorno dopo giorno. Lui invece scrive brani in uno stile proprio, dando testimonianza di sé nel ritagliarsi un mondo dal paesaggio arido, quasi che attraverso la musica si percepisca l’assenza di acqua che ci viene a mancare nel girovagare senza meta del quotidiano. Quello di unòrsominòre. è un mondo fatto del “semplice” chitarra (elettrica) e voce, ma misto a synth ed elettronica, il mondo in cui ci invita ad entrare per riprendere coscienza. Forse un mondo a cui dobbiamo approcciare in punta di piedi, un po’ per volta perché, in effetti, con il suo particolare nome, unòrsominòre, è difficile da stanare.

Unòrsominòre.

unòrsominòre. da così vita, dopo cinque anni di distanza dal suo ultimo lavoro, alla curiosa scelta di pubblicare un disco lungo in contemporanea ad un ep, prodotti entrambi da Fabio De Min, con il titolo di “Una valle che brucia” e “Analisi logica”, due lavori più che interessanti caratterizzati da liriche profonde e dure che restano appoggiate su sonorità minimaliste ma precise. Prendono così vita brani che non possono che portare in fine (e finalmente!) alla, forse pericolosa, riflessione sul mondo in cui viviamo.

Abbiamo scambiato qualche parola con Emiliano Merlin, unòrsominòre., e questa è la nostra intervista!

 

 

Ciao Emiliano. Perché la scelta di pubblicare due dischi in contemporanea? 

Ciao Adila. Avevo pronte parecchie canzoni, e non mi andava di tenerne qualcuna in un cassetto ad ammuffire. Siccome alcune sono diverse nell’ impostazione sonora e lirica rispetto alla maggior parte del lotto, mi è sembrato interessante pensare a due dischi separati, da far uscire insieme, come fossero i due lati di una medaglia. Difficile è stato trovare qualcuno abbastanza fuori da accettare di stare al gioco, quindi grazie ai ragazzi di diNotte Records per aver dato seguito alle mie assurde fantasie.

Quali sono gli artisti che ti influenzano maggiormente?

Alla mia età le influenze sono ormai sedimentate, digerite e riassemblate in qualcosa che, mi sembra e spero, non assomiglia molto più a niente se non a me stesso. Per quanto riguarda la musica, ti posso dire che in macchina sto ascoltando un cd con la discografia dei Pantera, ma nei miei due nuovi dischi sento echi di (in ordine sparso) Talk Talk, Cure (periodo Pornography), Beck, Ivano Fossati, Radiohead, Motorpsycho, Simple Minds (!), Lucio Dalla, Xiu Xiu… tutta roba nuova come vedi! Ma buona parte delle ispirazioni per le mie canzoni vengono da letture, film, o ancora più spesso da riflessioni che faccio per i fatti miei.

Canti “È un tempo perfetto per vivere da idioti”. Pensi che il nostro sia diventato un mondo troppo veloce da sopportare?

Veloce, distratto, ipocrita, egoista, privo di etica, e in definitiva stupido, perché non si cura di fare ciò che è giusto (e ciò che è giusto è ciò che, sulla lunga distanza, è anche il meglio per lui stesso) e non sa guardare oltre l’immediato. Ma poi non è “il mondo” a essere così, sono gli esseri umani che lo abitano e lo rendono un posto squallido anziché un luogo dove poter vivere serenamente i pochi istanti in cui ci siamo, in armonia col tempo e la Natura. Mentre invece siamo tutti presi a rincorrere sciocchezze e non riusciamo nemmeno a fermarci un secondo a chiederci se quello che stiamo facendo sia causa di dolore o ingiustizia, lo facciamo e basta.

C’è un antidoto allo stordimento o è troppo tardi?

“Quello che dobbiamo fare è fermarci e considerare che cosa sia davvero necessario”, come canto in “Fare meno / fare meglio”. Non collaborare, come cantavo in una canzone del mio disco precedente; rinunciare e non collaborare. Se c’è una strada è quella della decrescita, del ridimensionamento, della rinuncia, anche se credo sia comunque troppo tardi.

Cosa significa unòrsominòre. ?

Questo lo lascio scoprire a te. 🙂

Come nascono le tue canzoni?

Faticosamente.

Come nasce l’idea di combinare synth all’idea più classica chitarra e voce e pianoforte? 

Beh, direi che non è un’idea originalissima. Diciamo che ho provato a declinarla nel modo più personale possibile, cercando di creare un ambiente sonoro tanto glaciale quanto povero, una specie di deserto artico, che mi sembra un vestito adatto a descrivere sonicamente le atmosfere di desolazione che avevo in mente scrivendo le liriche. Ho lasciato un po’ da parte la chitarra elettrica, per cercare suoni meno familiari, che risultassero un po’ stranianti anche a me.

I testi dei tuoi brani sono profondi e pieni di immagini reali. Credi sia ancora possibile usare la musica come mezzo per veicolare un messaggio?

Lo è senz’altro, tanto è vero che io lo faccio; che poi questo messaggio arrivi a destinazione o sortisca qualche effetto è altro discorso, anche se mi capita di ricevere messaggi di ascoltatori che mi confidano di aver iniziato o portato a compimento riflessioni anche importanti grazie a qualche mia canzone. Ma in tutta sincerità in effetti credo che la musica, intesa almeno come pop rock, per come lo abbiamo conosciuto noi nati nella seconda metà del secolo scorso, abbia definitivamente perso la sua funzione sociale su grande scala, la sua carica rivoluzionaria, e si sia trasformata da un lato in baraccone mediatico privo di qualsivoglia sostanza (e in questo anche il tanto osannato “indie” italiano, quello che arriva ai talent, o che ha i video in rotazione su VH1, o che “riempie” palazzetti) non è che l’espressione del più becero conformismo), dall’altro in fenomeno di nicchia per pochi nostalgici appassionati. La musica è quasi sempre solo un sottofondo ormai, o un modo per distrarsi e canticchiare, e non credo ci si possa fare molto, perché le condizioni al contorno sono cambiate e ci sono altri mezzi di comunicazione che uniscono e appassionano le persone.

Tu cosa vuoi comunicare con la tua musica?

Al momento c’è un tema che mi preme più di tutti gli altri, che è quello del veganismo; è un tema difficile da trattare senza essere presi per fanatici, e ancora di più da mettere in musica perché è facile rischiare di cadere in banalità inascoltabili. Io ci ho provato con la canzone Mattatoio. Se ne parla parecchio sui media ultimamente, e molto spesso a vanvera, o in malafede, come se fosse una scelta di gusti, una dieta, un capriccio, una moda – mentre è un modo di vedere il mondo, e di assumersi le proprie responsabilità per renderlo un posto migliore, per sé stessi e per tutti i suoi abitanti, umani e non. Credo sia la rivoluzione culturale più importante che dovremo affrontare nei prossimi decenni, la strada è ancora lunga, ma è necessario iniziare a percorrerla e a incitare gli altri a fare altrettanto.

Chi è “il partigiano Giovanni”? 

È uno qualsiasi delle migliaia di ragazzi che hanno dato la vita perché quest’ ingrato Paese fosse libero dal nazifascismo, settant’anni fa. Ma è anche chiunque decida di lottare e sacrificarsi per un ideale, magari sapendo che il proprio sacrificio finirà per essere inutile, ma decidendo di farlo comunque. È chi ha dato la vita per noi che lo ripaghiamo fregandocene, e rendendo questo Paese un letamaio di superficialità e interessi meschini.

Come pensi sia messo il nostro Paese in questo momento?

Becero, egoista, sovrappeso e ignorante.

La tua musica è distante dal mainstream che ormai ci pervade e molto più simile a quel cantautorato di un De Andrè che oggi verrebbe considerato di nicchia. Come te la cavi nel duro mondo dei talent e delle radio che ci circonda? 

E chi dice che me la cavo? 🙂 Ma talent e radio sono un altro campionato, un altro sport anzi. Il problema vero è tutta la pastetta di musicisti “indie” che di indie non hanno niente se non il fatturato. Io faccio cose che per quasi tutti non hanno senso, le faccio per testardaggine, e non mi aspetto più niente da un bel pezzo.

#FollowtheNoise…

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